Cantonate

Cantonate. Perché la scienza vive di errori – Recensione

Anche i grandi sbagliano.

E, talvolta, quanto più grande è il personaggio, tanto più grosso è l’errore.
Ma la scienza funziona così: passi avanti, passi indietro, passi falsi, errori di valutazione, rivalità tra colleghi.

Mario Livio, astrofisico di fama e divulgatore scientifico autore di diversi libri, propone un tuffo nella vita e nella carriera di cinque grandi scienziati, per mettere a nudo come anche chi è considerato un genio possa commettere degli errori, e per mostrare come proprio quell’abbaglio sia il trampolino di lancio per il progresso scientifico.

Charles Darwin che non comprende a pieno la sua stessa, rivoluzionaria, teoria (non gli si può dar torto: le implicazioni genetiche erano fuori dalla sua portata!).
Lord Kelvin (sì, quello dell’unità di misura della temperatura) che si intestardisce su una stima errata dell’età della Terra.
Linus Pauling, uno dei padri della chimica, che pubblica frettolosamente e quasi distrattamente una cantonata sulla struttura del dna.
Alfred Hoyle, astrofisico e cosmologo che ha spiegato la nucleosintesi stellare, che rifiuta fino alla fine l’idea del big bang, e anzi ne conia il nome con intenzioni dispregiative. Fallendo.
Ed infine Albert Einstein, che aveva inserito la costante cosmologica nelle sue equazioni per i motivi sbagliati. È poi vero che la definì il suo più grande errore? Mario Livio se lo è chiesto e ha cercato una risposta.

Cosa mi è piaciuto

È un libro di cui si ha bisogno. O almeno c’è un’estrema e urgente necessità di diffondere capillarmente l’idea alla base di questo libro.

Nessuno ha sempre ragione a priori. Nessuno è completamente e perpetuamente immune all’errore. Nessuno. Nemmeno un premio Nobel. Nemmeno un genio. Nemmeno Einstein!

Per dimostrare questa verità, Mario Livio racconta, anche in maniera piuttosto dettagliata, alcune fasi della vita e della carriera di cinque grandi scienziati: Darwin, Kelvin, Pauling, Hoyle, Einstein.
Il suo obiettivo è mostrare, attraverso l’essere umano che c’è dietro lo scienziato, come la scienza stessa sia umana, fatta di strade contorte e talvolta vicoli ciechi, lungi dall’immagine di quella noiosa autostrada asfaltata e dritta che lo studio scolastico del progresso scientifico ci imprime nella mente.

[… ] gli abbagli non soltanto sono inevitabili, ma anche necessari per il progresso scientifico. Il cammino della scienza non è una marcia inarrestabile verso la verità; senza le false partenze e i vicoli ciechi, gli scienziati, presa una strada sbagliata, la seguirebbero chissà per quanto tempo. Le cantonate […] hanno sempre funzionato, per una ragione o un’altra, da catalizzatrici di importanti scoperte. Hanno spazzato la nebbia che rallentava il progresso scientifico, con la sua miriade di piccoli passi in avanti e i suoi rari, drammatici, salti di qualità.

Mario Livio, Cantonate, Milano, Rizzoli, 2013, pp. 16-17

Raccontare quei frammenti di vita degli scienziati riporta alla normalità la vita del cosiddetto “genio”, dimostrando come, in realtà, il genio non esista. È un concetto molto importante questo: la scienza va avanti non perché ci sono pochi uomini e donne brillanti, ma perché c’è una sterminata moltitudine di persone ad essa dedite.
Ancora più importante: la “verità” della scienza, istante per istante, è solo la versione più probabile della verità, stando alle conoscenze che abbiamo in quel momento. È una verità ragionevole perché la maggior parte degli esperti in quello specifico campo ha valutato e rifatto mille volte gli esperimenti descritti negli articoli dei colleghi, e i risultati concordano ogni volta.

E qui la chicca: la cosa divertente della scienza non sono i mille sperimenti che concordano tra loro, ma quell’unico – non errato! – che è in disaccordo, che mostra la via per una nuova verità.
In quest’ottica Mario Livio esalta gli abbagli dei grandi scienziati: hanno fatto da catalizzatori per studi successivi, spingendo e accelerando il progresso scientifico.

A questo punto potrebbe sorgerti il dubbio che la scienza sia tanto inaffidabile quanto gli esseri umani che la producono. Livio non tocca questo punto nel suo libro, non è il suo scopo. Ma una nota te la faccio io: non devi avere fiducia nella singola persona, perché fallibile e umana quanto me e te; devi avere fiducia nel metodo con cui la scienza viene prodotta.
Mi ha colpito una citazione di Livio:

Siamo molto più reattivi nel notare gli errori altrui che nell’ammettere i nostri, come ha osservato anche Daniel Kahneman, noto psicologo e Nobel per l’economia, quando ha detto: «Non sono granché ottimista riguardo alla capacità che l’uomo ha di correggersi, ma lo sono abbastanza sulla sua capacità di correggere gli altri.»

p.13

Ecco. La scienza funziona perché gli scienziati fanno così: provano ogni giorno a correggere gli altri. Quando non ci riescono, confermano una teoria (astronomi e fisici continuano a confermare la relatività di Einstein da oltre un secolo ormai!). Quando ci riescono, fanno una nuova scoperta o compilano una nuova teoria oppure ne modificano una esistente allargandone gli ambiti di applicabilità.

L’errore ha spesso vita breve, seppure avventurosa.

Cosa non mi è piaciuto

Livio in questo libro tende un po’ troppo a divagare, soprattutto sugli scienziati del suo ambito, quindi sulla sua disciplina.
Questo rende la lettura meno scorrevole e più lenta di quanto avrei voluto.

Altra cosa: Livio, che si intuisce sin da subito essere fan di Kahneman, annuncia di voler spiegare i processi che hanno portato questi scienziati alle loro cantonate dal punto di vista della psicologia e della neuroscienza, ma in realtà i suoi tentativi in tal senso sono piuttosto scarni. Non mantiene le aspettative.
Ma non mi stupisco: Livio è un astrofisico, non uno psicologo o un neuroscienziato. Mi sembra dunque solo scontato che non possa scendere in profondità in quegli ambiti.

A chi ne consiglio la lettura

Vorrei che tutti leggessero questo libro o almeno libri che scaturiscono dalla stessa idea alla base di questo. La fallibilità dello scienziato. Perché dovremmo tutti imparare a distinguere una voce o una notizia autorevole o meno, a prescindere dal fatto che chi la riporta abbia preso un premio Nobel, magari in un campo totalmente diverso!

Utilissimo e alla portata di tutti quelli che si occupano di divulgazione e comunicazione della scienza, e in generale di chiunque abbia carriera accademica scientifica alle spalle, questo libro tratta teorie scientifiche in modo non sempre accessibile ai non addetti ai lavori.
Resta però valida la narrazione delle storie e dei personaggi: se anche sfuggisse qualche dettaglio di cosa sia un universo stazionario, la storia di quanto Hoyle ci si intestardì è chiarissima. Anche ai non astronomi.

Leggerai questo libro? Hai già letto qualcosa di simile? Mi piacerebbe molto approfondire questi temi: se hai dei suggerimenti, non esitare a lasciarmi un commento qui sotto!


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