La maledizione dell’esperto

Ti è mai successo che il tuo interlocutore non capisse o non conoscesse nulla di ciò che gli stavi raccontando? Ti è capitato persino di arrabbiarti un pochino?
«Eh, ma come fai a non sapere questa cosa?» «Come fai a non capire: è così semplice!»
Beh, probabilmente non era colpa sua. E, forse, – forse! – non era nemmeno colpa tua.
Probabilmente eri vittima della “maledizione dell’esperto”.

Siamo tutti esperti

Partiamo da un presupposto fondamentale: ognuno è esperto in qualcosa. A prescindere da chi sei, cosa fai, quali scuole hai frequentato, persino a prescindere da quanti anni hai: anche tu sei esperto/a in qualcosa.

Può essere ciò che fai per lavoro, può essere qualcosa che ti appassiona in modo particolare. Di sicuro è qualcosa che hai passato molto tempo della tua vita a studiare e, soprattutto, a provare e riprovare. A utilizzare, se si tratta di un oggetto fisico o virtuale.

Ad esempio, supponiamo che tu sia una programmatrice java: programmi dalla mattina alla sera per lavoro (non lo so, cosa fa chi programma di mestiere durante le sue giornate lavorative? se tu programmi, spiegamelo nei commenti!); ti tieni costantemente aggiornata sulle nuove librerie a disposizione, hai un account sui tre principali forum dedicati alla programmazione, e non solo su quei tre. Possiamo senza dubbio dedurre che tu sia un’esperta di java, giusto?

Un linguaggio di programmazione è arabo… se non lo sai leggere! Foto: Markus Spiske on Unsplash

Oppure, supponiamo che tu sia un appassionato di orchidee. Hai proprio la fissa! Hai costruito nel tuo giardino una mini-serra pensata apposta per far vivere al meglio le tue innumerevoli orchidee: controlli il grado di umidità, la temperatura, l’irraggiamento, ma anche la relazione tra le tue orchidee e le altre piante. Sì, perché hai approfondito lo studio delle orchidee per costruire attorno ad esse un microsistema in equilibrio. A giudicare da come le tue piante crescono rigogliose, possiamo senza dubbio dedurre che tu sia un esperto di orchidee.

Benissimo. Fin qui tutto bene. Ognuno di noi ha due o tre cose in cui può sentire di definirsi esperto.

Se ora però l’esperta di java o l’esperto di orchidee dovessero, nella maniera più efficace ed efficiente possibile, parlare rispettivamente di java e di orchidee ad un pubblico, o anche solo ad un amico che non condivide la loro stessa passione, da dove dovrebbero cominciare?

Perché “maledizione dell’esperto”?

Fai questo gioco con me.
Ripassa mentalmente tutti i ricordi in cui stai spiegando qualcosa a qualcuno: ti è mai successo che l’altra persona non capisse o non conoscesse nulla di ciò che gli stavi raccontando? Ti è capitato persino di arrabbiarti un pochino?
«Eh, ma come fai a non sapere questa cosa?» «Come fai a non capire: è così semplice!»

Beh, probabilmente non era colpa sua. E, forse, – forse! – non era nemmeno colpa tua.

Probabilmente eri vittima anche tu della maledizione dell’esperto.
Ognuno tende a dare per scontati dei dettagli nella materia in cui è esperto
, dettagli che, per chiunque non abbia competenze ed esperienze analoghe, non sono affatto noti o comuni o banali.

Ora che lo sai, se dovessi di nuovo ritrovarti nella situazione che dicevo poco fa, fermati un momento. Chiediti “Questa cosa che io trovo banale, è davvero banale? Davvero è conoscenza comune?”. Potrebbe sorprenderti scoprire quante cose possiamo dare per scontate ma scontate non sono.

La programmatrice troverebbe banale scrivere due righe di codice per far comparire una finestra con pulsante cliccabile sul tuo schermo. Un appassionato di orchidee entrando nella stanza in cui tieni la tua orchidea farebbe subito una smorfia prevedendo che a mezzogiorno non riceve la luce che dovrebbe (non lo so, sparo a caso, sono pessima con le piante io!).

Mi piacerebbe tanto possedere delle orchidee, le trovo bellissime. Ma, visto che solo i cactus riescono a sopravvivermi, a stento,… non oso immaginare che fine farebbe un’orchidea nel mio appartamento! Foto: Nicodemus Roger on Unsplash

Per loro si tratterebbe di banalità. Per chiunque altro che non abbia la stessa passione, sono assolutamente concetti ignoti.

La programmatrice e l’appassionato di orchidee non possono dare queste conoscenze per scontate.

La tendenza a sovrastimare la conoscenza di fatti che ad un esperto sembrano “basilari” diventa una vera e propria maledizione da cui liberarsi se per professione si comunica.
Un vero professionista della comunicazione non può commettere il grossolano errore di trascurare e quindi omettere dei dettagli nel suo atto comunicativo perché ritiene che siano banali.

E, attenzione, non è questione di target, cioè del destinatario della tua comunicazione. Se hai un’infarinatura di base sulla comunicazione, lo so che starai già pensando “Ah, ma se tu identifichi il tuo target sai già cosa può sapere e non sapere!”.
Qui il problema sta ancora più a monte: se siamo davvero abituati ad un concetto, non è nemmeno detto che siamo poi in grado di far risaltare tale concetto quando parliamo ad altri.

È questione di esposizione: se siamo esposti di continuo a qualcosa, finiamo col non vederla più! Hai presente quella frase da cioccolatino “ti accorgi delle cose preziose solo quando ti mancano”? Bene, è un po’ così: se siamo continuamente esposti ad un concetto, per noi quel concetto sarà talmente fortemente interiorizzato che non potremo fare a meno di darlo per scontato.

In sostanza, un buon comunicatore ogni volta che deve parlare ad altri, o scrivere per altri, o ideare un qualsiasi altro prodotto comunicativo, deve necessariamente destrutturare le proprie conoscenze e ricostruirle a partire da capo.
Bisogna ogni volta ripensare a tutti i dettagli e selezionare poi quello che si vuole dire.
A quel punto sì che si selezionerà in funzione degli obiettivi e del target della comunicazione, ma senza destrutturazione a monte, saremmo condannati a tralasciare ogni volta una parte potenzialmente vitale del discorso.

Del tutto inconsapevolmente.

Esiste una soluzione?

Facile a dirsi: destruttura tutto ogni volta e comincia da capo.

Ma come fai, se veramente si tratta di una concetto ormai acquisito talmente in profondità da dimenticare che esisteva un tempo in cui nemmeno tu ne eri a conoscenza?

Beh, secondo me esistono due trucchi.

Allenati.
Una volta che sai che il problema esiste, sicuramente hai la possibilità di stare in allerta e porti la domanda “ma siamo sicuri che questa cosa la conoscono tutti? (o, quantomeno, il mio interlocutore?)”. Come per ogni attività, la pratica costante non può far altro che farci migliorare. Facciamoci domande e mettiamoci in discussione. Sempre.

Rompi le bolle.
(occhio: ho detto le bolle!)
Ne avrai sentito parlare, forse: tutti noi tendiamo a frequentare persone con interessi, idee, gusti simili ai nostri. C’è il rischio che le persone che fanno parte della nostra cosiddetta “bolla sociale” abbiano anche conoscenze in larga parte sovrapponibili alle nostre.

Ogni tanto, soprattutto per chi si occupa di comunicazione, far spuntare il nasino fuori dalla propria bolla è fondamentale. Dopotutto se per lavoro si parlasse solo alla propria bolla sarebbe noioso! Quindi è nostro dovere sapere cosa c’è là fuori.

“Pop”, il suono doloroso di una bolla sociale che si rompe. Ma ogni tanto va fatto. Foto: Jamie Street on Unsplash

Un micro-esperimento

Siamo tutti vittima della maledizione dell’esperto. Non è che una volta che siamo consci di questo meccanismo ne siamo automaticamente esenti.

Io ci ricado ogni tanto, però faccio anche del mio meglio per accorgermene.

Qualche giorno fa ho letto un post su una pillola di scienza mentre scorrevo la mia timeline su facebook e il moto istintivo nel leggerla è stato «Mamma mia! Ancora a queste sciocchezze stanno questi? Ma dai che lo sanno anche i muri ormai!»

Il primo moto. Perché il secondo è stato «No Eliana, perché dovrebbero? Non tutti per mestiere hanno riprodotto questo esperimentino centinaia di volte. Sciocchina!»

Un po’ per gioco, un po’ per sincera curiosità, ho fatto allora un micro-esperimento. Con risultati un po’ poco rappresentativi, perché ho fatto il mio esperimento nella mia bolla. Vuol dire che il campione non è casuale, ma composto di persone che per la maggior parte sono in linea con il mio modo di sentire e di conoscere.

Va be’, era appunto un giochino.

Ho impostato un sondaggio in una storia sul mio instagram per avere una stima di quanti conoscessero il motivo per cui il tè nero diventa più chiaro se ci si mette dentro il limone.

Quelli che hanno dichiarato di conoscere il motivo sono quasi tutti miei colleghi, che quindi potrebbero aver visto, letto o persino riprodotto l’esperimentino con tè e limone in prima persona.

Ma la mia bolla non è fatta solo di colleghi! Ci sono anche altri bravissimi professionisti che non hanno passato gli ultimi 15 anni delle loro vite a occuparsi di scienza e di esperimenti semplici per divulgare fenomeni scientifici. Tutte persone colte, ma che non potevano conoscere ciò che ho chiesto. O, almeno, per i quali non era giusto dare per scontata questa conoscenza.

E, come premesso, siamo ancora nella mia bolla. Il pubblico che ha risposto al sondaggio non è rappresentativo della società!

Quindi ecco, risultato dell’esperimento: prima di dare per scontato qualcosa che so perché l’ho fatto (fare, ai ragazzini tra le elementari e le medie) centinaia e centinaia di volte, bisogna fermarsi un momento. Pensare, e rendersi conto che ciò che è scontato per me non è detto che lo sia per chiunque. Anzi!

E, ovviamente, vale il viceversa.


E a te è mai capitato di cadere vittima della maledizione dell’esperto? Qual è il campo in cui pensi di dover fare attenzione perché lo conosci fin troppo bene?

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