La scienza di “Don’t look up”

“Don’t look up” è un film satirico che unisce commedia e tragedia, con la regia di Adam McKay e un cast spettacolare, tra cui Leonardo Di Caprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Cate Blanchett.
Racconta di una cometa che è in rotta di collisione con la Terra: è un film catastrofico fantascientifico, ma con trasparente e accessibile intento di critica sociale.

Distribuito nelle sale e su Netflix a dicembre, è chiacchieratissimo su internet.
Ma cosa c’è di verosimile nel film? La vita sulla Terra può di nuovo estinguersi per un impatto così devastante? E noi riusciremo a saperlo in tempo per provare a reagire?

“Don’t look up”, introduzione

In “Don’t look up” due astronomi scoprono che una cometa è in rotta di collisione con la Terra e che l’impatto, previsto sei mesi e mezzo dopo la scoperta, causerà un’estinzione di massa, in modo simile a quanto avvenuto all’epoca dei dinosauri.

I due cominciano ad avvisare e sensibilizzare sulla catastrofe imminente, scontrandosi con tutte le difficoltà del caso.

Una politica cieca e autoreferenziale che guarda alle elezioni e alla conservazione del proprio status come unico obiettivo dei propri sforzi.
Una comunicazione in balìa della moda del momento, le cui priorità sono talmente artefatte e rovesciate, sempre all’inseguimento dei gusti del pubblico, che la vita privata di una celebrità è più seriamente presa in considerazione dell’estinzione della vita sul pianeta.
La volubilità del pubblico, vittima e carnefice di se stesso proprio attraverso quei media che consuma e inconsapevolmente contribuisce a guidare, la cui opinione oscilla tra considerazioni ragionevoli e preoccupate, e posizioni indifferenti o persino negazioniste.
L’agenda del multimiliardario eccentrico di turno, che si rivela essere il vero potere dietro tutti quelli che tradizionalmente siamo abituati a riconoscere come tali, più influente persino della presidenza di un Paese.

“Don’t look up” è una metafora delle difficoltà degli scienziati nel farsi ascoltare e nell’ottenere un’adeguata e pragmatica risposta dai governi di tutto il mondo quando si tratta di prendere misure contro una catastrofe prevista e, se presa in tempo, persino evitabile.

Un ritratto della (non) risposta alla crisi climatica, in primis.
Tuttavia è automatico riconoscere nella satira di “Don’t look up” comportamenti e personaggi che abbiamo purtroppo imparato così bene a individuare negli ultimi due anni di pandemia.

E trovo riduttivo considerare il film solo come canzonatura di chi diffonde e sostiene comportamenti irrazionali, a-scientifici o persino complottisti. Tutti i personaggi del film sono infatti parodie, – quindi esagerazioni, se vuoi –, che nella risata amara rivelano però tratti dell’innegabile realtà a cui si ispirano. Anche i due astrofisici, che rappresentano “gli esperti contro cui si scagliano i complottisti” e le cui segnalazioni spesso restano inascoltate da politica e società, sono mostrati nelle loro umanissime debolezze e bonariamente presi in giro per le proprie idiosincrasie.

Leonardo Di Caprio descrive l’idea del film. Di Caprio è noto per la sua attività di sensibilizzazione verso il problema del cambiamento climatico.

Ma bando alle ciance. L’obiettivo di questo articolo non è la critica del film vista con gli occhi di un’astrofisica che per professione parla di scienza, anche se sono tentata di farlo. L’obiettivo è chiedersi quanto sia verosimile lo spunto narrativo alla base del film: l’avvistamento di una cometa che colpisce la Terra con scarso preavviso e può estinguerci tutti. E come la comunità scientifica reagirebbe a tale scoperta.

Partiamo!

Planetary Defense Coordination Office: sì, esiste sul serio

“- Dr. Oglethorpe, head of the Planetary Defense Coordination Office. Is that a real place?
– I have no idea.”

Dibiasky e Mindy, in una scena del film

Kate Dibiasky (Jennifer Lawrence), la dottoranda che scopre la cometa, e Randall Mindy (Leonardo Di Caprio), il suo professore, all’annuncio di una cometa in rotta di collisione con la Terra vengono messi in contatto con Clayton “Teddy” Oglethorpe (Rob Morgan), capo del Planetary Defense Coordination Office (Ufficio di coordinamento di difesa planetaria).

E sì, tale ufficio esiste sul serio, come specifica la grafica che informa lo spettatore subito dopo che i due astronomi protagonisti si fanno la domanda.

Una scena del film. Copyright Netflix. Netflix, non ti arrabbiare, è usata a scopo informativo.

Il Planetary Defense Coordination Office (Pdco) è un’organizzazione di difesa planetaria fondata nel gennaio 2016 all’interno della Planetary Science Division della statunitense National Aeronautics and Space Administration (Nasa).

Come si legge nella pagina dedicata al progetto, il Planetary Defence Coordination Office ha il compito di scoprire e tenere d’occhio gli oggetti potenzialmente pericolosi, asteroidi e comete che potrebbero avvicinarsi troppo alla Terra, mettendola in pericolo. Il Pdco si è assunto anche il compito di sviluppare strategie per prevenire, contrastare e mitigare le conseguenze di eventuali impatti e di coordinare gli sforzi internazionali in tale impresa.

Se, dopo aver visto “Don’t look up”, sei in preda all’angoscia nel sapere che tutta la prevenzione di un catastrofico impatto di livello estinzione di massa è lasciato ad un solo Paese, non ti preoccupare: non funziona così. In realtà ci sono molti enti organizzati in una rete internazionale, l’International Asteroid Warning Network (Iawn), che tengono sotto controllo il cielo alla ricerca di near Earth objects (Neo), cioè di quei corpi la cui orbita li porterebbe a passare vicinissimi alla Terra.

È attiva una rete internazionale di collaborazione per la rivelazione e il monitoraggio di near Earth object.

Cosa sono i near Earth objects?

I near Earth objects (Neo) sono corpi minori del nostro sistema solare, come asteroidi e comete, che seguendo la propria orbita transitano troppo vicino alla Terra, fino a meno di 50 chilometri di distanza da essa.

Per avere un termine di paragone, la distanza media Terra-Sole è circa tre volte tanto: arrotondando vale 150 milioni di chilometri ed è l’unità di misura (unità astronomica, ua) usata per misurare le distanze all’interno di un sistema solare.

I Neo sono quegli oggetti che hanno il perielio, cioè la minima distanza dal Sole, tra  0,983 e 1,3 unità astronomiche. Nel completare la propria orbita attorno al Sole, dunque, i Neo intersecano l’orbita della Terra in qualche punto. Non tutti i Neo sono pericolosi, dipende dalla distanza alla quale passano e dalle loro dimensioni.

Quando un neo è potenzialmente pericoloso?

Indicato in inglese come potentially hazardous object (Pho), un oggetto potenzialmente pericoloso è un Neo che ha dimensioni superiori ai 140 chilometri di diametro e che si avvicina a meno di 0,05 unità astronomiche (circa 7,5 milioni di chilometri) dalla Terra.

I Pho più piccoli, sui 140-150 chilometri di diametro, sono corpi che causerebbero una devastazione a livello regionale attorno al punto di impatto sul pianeta: distruggerebbero la regione geografica o lo Stato in cui cadono.

All’aumentare delle loro dimensioni, ovviamente, il danno causato dall’eventuale impatto sarebbe progressivamente più profondo, fino ad arrivare alla “catastrofe globale”, dai 5 chilometri di diametro, e al “livello estinzione di massa”, dai 10 chilometri in su.

Tabella che mostra la correlazione tra dimensioni dell’oggetto che impatta sulla Terra (colonna 1), denominazione del tipo di evento con indicazione qualitativa dell’area interessata e della gravità dell’evento (col. 2), energia liberata in megatoni (1 megatone è l’energia liberata dall’esplosione di un milione di tonnellate di tritolo, che è più o meno 60 bombe di Hiroshima) (col. 3), la frequenza degli impatti in anni (col. 4).
Una cometa con diametro di circa 10 chilometri, come quella descritta nel film, è un evento di distruzione globale, con ripercussioni che si estendono su tutto il pianeta. È come sganciare allo stesso tempo 6 miliardi di bombe atomiche come quella di Hiroshima. Per fortuna eventi di questo tipo sono i più rari.
Questa tabella è nel documento “Report On Near-Earth Object Impact Threat Emergency Protocols”, di cui parlo più avanti in questo articolo.

Nel film gli astronomi stimano che la cometa in rotta di collisione abbia diametro tra i 5 e i 10 chilometri. La cometa rientra quindi perfettamente nello scenario peggiore: il professor Mindy lo dichiara sin da subito, definendolo “an extinction-level event”.

Quanto è probabile che ci colpisca un asteroide o una cometa di “livello estinzione di massa”?

La probabilità che un Neo colpisca la Terra è inversamente proporzionale alle dimensioni dell’oggetto. Oggetti piccoli cadono sulla Terra molto frequentemente, mentre è progressivamente più raro che impattino contro la Terra oggetti via via più grossi.

Avevo discusso della probabilità di morire male colpiti da un meteorite in un precedente articolo, che ti consiglio di leggere perché c’è un utile confronto tra le probabilità di verificarsi di diversi incidenti e disastri naturali di vario genere.

Quello che possiamo affermare, ad oggi, è che un evento di livello “estinzione di massa” si verifica mediamente ogni 100 milioni di anni e che nei prossimi 100 anni non ci sono eventi che riteniamo pericolosi.

Di interesse è l’asteroide Bennu, di diametro medio di quasi 500 chilometri e con 1 possibilità su 2700 (0.037%) di colpire la Terra tra il 2175 e il 2195. La missione Osirix-Rex sta studiando da vicino questo asteroide e ci riporterà un campione tra un paio d’anni.

Come si trovano i Neo?

Nel film, Dibiasky scopre per caso la cometa, perché appare come un oggetto in movimento su uno sfondo di stelle fisse nelle loro coordinate. Effettivamente è così che si scoprono asteroidi e comete: sono oggetti che si vedono in movimento rispetto ad uno sfondo sostanzialmente fisso.
Di solito però ci sono uffici e persone dedicate alla ricerca. Sebbene capiti che qualcuno non ufficialmente impegnato nella ricerca ne scopra di nuovi.

In un’interessante intervista rilasciata a Universe Today, l’astronoma Amy Mainzer spiega come la cometa di “Don’t look up” sia liberamente ispirata da una analoga realmente esistente: C/2020 F3, anche nota come cometa Neowise perché scoperta nell’omonima missione spaziale, Neo-Earth Object Wide-field Infrared Survey Explorer (NeoWise).

Mainzer è professoressa al Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona e una dei principali scienziati al mondo nel rilevamento di asteroidi e nella difesa planetaria. È principal investigator della missione NeoWise. Mainzer è stata chiamata dare suggerimenti sia sulla plausibilità scientifica del film sia sulle dinamiche vissute in prima persona dagli scienziati,

«Questa è una cometa di lungo periodo, – spiega Mainzer, parlando di Neowise –, che può arrivare a velocità incredibili dal sistema solare esterno verso la Terra. Abbiamo scoperto Neowise a marzo 2020 e l’avvicinamento ravvicinato alla Terra è avvenuto a luglio, quindi, come la cometa nel film, c’è stato un intervallo di tempo molto breve tra la sua scoperta e l’avvicinamento ravvicinato.»

Mainzer ha scelto di modellare la minaccia fittizia narrata nel film su una cometa anziché su un asteroide perché le comete sono più insidiose. Vengono dai confini del sistema solare e cominciano a diventare visibili quando sono nei pressi del Sole. C’è il rischio di notarle quando è ormai troppo tardi. Nel film la cometa proviene dalla cosiddetta Nube di Oort, una riserva di comete che si estende attorno al sistema solare, tra le 20mila e le 1000mila unità astronomiche. Si stima che lì ci sia qualcosa come 1000 miliardi di comete: se ce ne sono di grosse…. bisogna stare all’erta!

E se si scopre un oggetto potenzialmente pericoloso, che si fa?

Come si diffonde l’informazione

Nel film la notizia della cometa da distruzione dell’umanità arriva, in due soli passaggi, direttamente da chi l’ha scoperta alla presidente degli Stati Uniti (interpretata dalla sempre perfetta Meryl Streep).

Questo è per me il dettaglio meno verosimile di tutto il film. (tutto il circo che si scatena dopo la diffusione pubblica della notizia invece a me sembra persino realistico 🙂

Anche riguardo questo aspetto comunque non hai da preoccuparti: non funziona così. Il commento banale è che, – per l’amor del cielo! –, è un film. Il secondo commento, forse altrettanto banale, è che al regista interessava mostrare la reazione della politica e del pubblico ad una catastrofe annunciata, piuttosto che produrre un documentario di come si faccia ricerca. E ovviamente va bene così!

Quello che accade in realtà è che, se si osserva un oggetto muoversi sullo sfondo stellare, si controlla se esso sia già noto e il suo passaggio previsto.
Se non si trovano riscontri con oggetti già incontrati in precedenza, si diffondono le informazioni relative alla sua posizione a tutti i centri di ricerca che si occupano di monitorare il cielo alla ricerca di Neo.

Tutti gli astronomi coinvolti osservano l’oggetto. In una settimana si riesce ad avere una ragionevole stima dell’orbita del Neo e si seguono i protocolli concordati per decidere se si tratta di oggetto potenzialmente pericoloso oppure no.

Come si rivela un nuovo near Earth object?

Come si reagisce

Un esempio di protocollo è nel “Report On Near-Earth Object Impact Threat Emergency Protocols” (Report sui protocolli di emergenza per minacce di impatto di oggetti vicini alla Terra) stilato dall’Interagency Working Group On Near-Earth Object Impact Threat Emergency Protocols (Iwg Neoitep).

Un diagramma di flusso all’interno del documento orienta chiaramente verso la misura da prendere a seconda delle dimensioni dell’oggetto e della probabilità che impatti contro la Terra.

Senti, lo so che non si legge nulla in questa immagine, ma ce la volevo mettere uguale. Se vuoi i dettagli vai direttamente al documento Report On Near-Earth Object Impact Threat Emergency Protocols .

La prima valutazione indicata dal protocollo è sulle dimensioni. Si passa alla probabilità che l’oggetto possa colpire la Terra, tenendo conto anche dell’urgenza, cioè di quando avverrebbe l’impatto. Se l’oggetto non è ritenuto pericoloso, si cataloga e si continua a monitorare. Se l’oggetto è ritenuto potenzialmente pericoloso, si procede a dare l’allarme e a concordare strategie condivise a livello internazionale.

C’è scampo da un evento di estinzione di massa?

Sì. No… Dipende. Nel caso, speriamo.

Ci sono tre metodi presi in considerazione per difendersi da un asteroide o cometa eventualmente in rotta di collisione con la Terra e tutti e tre puntano a far deviare, anche di poco, la traiettoria dell’oggetto.

Deviazione sfruttando la gravità

Si manda una sonda a orbitare attorno all’oggetto da deviare, influenzandone quindi il movimento. La sonda non atterra, semplicemente accompagna il corpo e, sfruttando la reciproca interazione gravitazionale, lo devia. Nelle versioni più raffinate di questo piano, si prevede anche di far “rubacchiare” un pezzo di asteroide alla sonda, che lo tiene con sé per accrescere la propria massa e avere un maggiore influenza sull’oggetto da deviare.

Deviazione da impatto

O cinetica.

Si manda a sbattere una sonda, con una velocità di diversi chilometri al secondo, contro l’oggetto da deviare.

Attualmente la Nasa sta proprio realizzando una missione che vale come prova generale di deviazione da impatto di un asteroide. La missione in questione è la Double Asteroid Redirection Test (Dart), partita lo scorso novembre e in arrivo a destinazione nel settembre 2022.

Approfitto per far notare lo spiccato senso dell’umorismo di chi progetta le missioni spaziali: dart in inglese significa freccetta, di quelle che si usano per giocare contro un bersaglio appeso alla parete.

Il bersaglio di Dart è il sistema binario di asteroidi Didymos: un sistema in cui l’asteroide principale, 65803 Didymos di circa 780 metri di diametro, ha un satellite, 65803 I Dimorphos di circa 160 metri.
A osservare lo schianto e fare rapporto a Terra ci sarà un piccolo gioiellino italiano, il  LICIACube (Light Italian CubeSat for Imaging of Asteroids) dell’Asi, piccolo satellite che sta viaggiando a bordo di Dart e se ne staccherà 10 giorni prima dell’impatto.

Deviazione da esplosione

Occhio che non ho scritto “distruzione dell’asteroide con esplosioni”, ho scritto deviazione.

Questa terza soluzione sarebbe quella adottata in emergenza. Se non c’è tempo di preparare e mettere in atto la deviazione per gravità o per impatto, c’è un’unica altra strada percorribile.
Si fa esplodere un ordigno nucleare a poche centinaia di metri dalla superficie dell’oggetto da deviare.

Il materiale negli strati superiori dell’asteroide verrebbe surriscaldato e vaporizzato dalle radiazioni emesse dall’ordigno, provocando l’espulsione di materiale dalla superficie. La spinta del materiale espulso verrebbe controbilanciata da un analogo movimento del resto dell’asteroide ma nella direzione opposta.

Scegliendo opportunamente il punto di detonazione, dunque, si riuscirebbe a spostare l’oggetto fino a deviarne la traiettoria.

Attenzione: spoiler a seguire!

E se facessimo esplodere il neo?

Ti metto qua un’immagine così se stai saltando lo spoiler usando il pulsante non ti casca l’occhio sul paragrafetto.
Ah, comunque questa è un’illustrazione dell’asteroide Psyche, verso il quale è prevista un missione Nasa che parte il prossimo anno. Psyche è di forte interesse perché è un asteroide metallico, ricco di ferro e nichel.
Immagine: Nasa/Jpl-Caltech/Asu

Nel film il multimiliardario Peter Isherwell (un’altra magistrale interpretazione, di Mark Rylance) blocca i piani di deviazione della cometa all’ultimo minuto. Lui e la sua compagnia, la Bash, sperano di recuperare dalla cometa minerali preziosi necessari alla vorace industria dei dispositivi digitali.

La strategia proposta da Isherwell è frammentare la cometa in porzioni più piccole per farle precipitare nell’oceano e andare a recuperare le risorse.

Ora, tralasciando che dalle comete minerali per l’industria del digitale non ne ricavi, questa strategia è la più pericolosa possibile.

Facendo esplodere e frammentare un oggetto che sfreccia verso la Terra a decine di chilometri al secondo si ottengono tantissime schegge altrettanto veloci. È impossibile stimare con precisione raggio e direzione di impatto di ogni frammento. Né si può controllare la direzione di ognuno. Il risultato sarebbe far piovere tante piccole meteoriti al posto dell’oggetto unico. È vero che sarebbe meglio avere piccole schegge che un mastodonte da estinzione di massa, tuttavia la soluzione migliore resta la deviazione.

Nel film Isherwell spiega che le sue “perle” (Bash Explore and Acquire Drones, Beads) predisporranno delle esplosioni controllate grazie ad un’innovativa nanotecnologia sviluppata per effettuare scansioni della cometa. E qui, signore e signori, siamo nella fantascienza.
Non abbiamo tecnologie di questo tipo. E se anche le avessimo, resta poco chiaro come far esplodere in punti specifici (che immagino anche interni) un oggetto da decine o centinaia di chilometri di diametro.

Fine spoiler

Minare gli asteroidi: ci stiamo pensando

L’industria mineraria spaziale non è relegata ai film di fantascienza, ma è qualcosa a cui si sta seriamente pensando, da tempo.
Ovviamente non posso cominciare a parlarne in chiusura di un articolo devastante per dimensioni più di un evento di livello estinzione di massa…
Quindi te lo dico così, en passant, e ti prometto che riprendo l’argomento alla prossima occasione!

Se sei veramente arrivato/a fin qui a leggere, ti stimo un sacco!

Se qualcosa ti ha incuriosito o ti ha lasciato dei dubbi, lasciami un commento qui sotto: mi farebbe piacere!

A proposito, hai visto “Don’t look up”? A me è piaciuto! 🙂


L’immagine di copertina è la cometa Neowise ripresa da Guillermo Ferla via Unsplash.


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