Long March: Il razzo cinese caduto nell’Oceano

Alle 4:24 (ora italiana) di domenica 9 maggio il primo stadio del vettore cinese Long March 5B è caduto nell’Oceano Indiano, a due passi dell’archipelago delle Maldive, a sud-est dell’India.

La maggior parte dello stadio si è consumato in atmosfera come una brillante meteora, ma non è chiaro se frammenti anche piccoli siano arrivati su una o più delle 1192 isole delle Maldive.

Si trattava di un rientro non controllato: lo stadio del razzo è caduto senza possibilità di manovra. Perché? Era pericoloso? Accadrà di nuovo? Raccolgo le risposte in questo post.

Rientro non controllato

È prassi comune, a seguito di missioni per il trasporto in orbita di materiali o persone, avere razzi o pezzi di esso che devono rientrare a terra.

Se il razzo o lo stadio di razzo in questione ha dei sistemi di propulsione che ne possano correggere anche di poco la rotta, rendendolo controllabile, si parla di rientro controllato. Se invece l’oggetto rientra in caduta libera, senza che si possa intervenire a dirigerlo, si parla di rientro non controllato.

Un rientro non controllato è una situazione delicata: se ci fosse solo la gravità da considerare, sapremmo prevedere molto bene dove l’oggetto toccherà terra. La presenza dell’atmosfera, gas in continuo movimento sotto le sollecitazioni di temperature, pressioni e densità differenti a seconda del punto del globo e dell’irraggiamento solare, rende le previsioni molto più complicate.

In ogni caso, se pure avessimo modo di prevedere dove un oggetto in rientro non controllato cadrà, non potremmo variare il punto d’arrivo.

Probabilità di morire male

Quanto è probabile che un rientro non controllato ti colpisca? Una probabilità su diversi miliardi, stando all’astrofisico Jonathan McDowell dell’Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics.

Nel caso del Long March 5B cinese, lo stadio stava ripercorrendo orbite successive attorno alla Terra tra le latitudini 41,5° nord e 41,5° sud. Per darti un’idea, la latitudine 41 nord è quella che cade circa lungo la linea immaginaria tra Latina e Foggia: tutto quello che era nei dintorni di questa latitudine e tutta la fascia sottostante (fino a sotto il Sudafrica) era potenzialmente interessata dalla possibilità che Long March 5B gli si schiantasse contro. Quindi tutto il sud Italia.

Un grafico per mostrarti cosa significa che la zona tra +41,5° e -41,5° di latitudine era interessata dall’evento. Le linee nel grafico mostrano le orbite successive che lo stadio del Long March stava seguendo attorno alla Terra. In realtà è ovviamente un’unica linea chiusa, un percorso che comincia ad una certa quota e man mano scivola sempre più verso il basso. Nonostante le difficoltà a prevedere il punto di impatto, The Aerospace Corporation ieri ha fatto un ottimo lavoro: l’icona gialla di un satellite indica nel grafico il previsto punto di impatto. Effettivamente è nell’Oceano Indiano.

La probabilità che Long March 5B ti beccasse sulla capoccia resta però di una su diversi miliardi. Il pianeta Terra è coperto da acque per circa il 71% e della restante superficie non tutto è impegnato in zone abitate: ci sono molte zone desertiche o comunque prive di insediamenti umani.

Restava circa il 10% di probabilità che lo stadio in caduta libera arrivasse in un centro abitato, ma i centri abitati al mondo sono parecchi: per quello la tua capoccia è sempre stata relativamente al sicuro!

Alla fine lo stadio di Long March 5b partito il 29 aprile è caduto lì in mezzo all’Oceano. Una scommessa vinta , ma una scommessa irresponsabile.

Ci sono stati altri eventi simili?

Sì. Finché lanciamo oggetti in orbita, dobbiamo prepararci a gestire l’eventualità di un rientro non controllato.

Lo scorso marzo è rientrato in atmosfera non controllato uno stadio di un razzo SpaceX nei pressi di Seattle. È caduto senza la possibilità di controllarne la traiettoria per via della mancata accensione del motore. Un incidente che ha avuto come conseguenza pezzi di razzo nel terreno di un contadino nello stato di Washington.

Nelle prime fasi della conquista spaziale, è accaduto spesso che oggetti usati come vettori o lasciati in missione in orbita attorno alla Terra rientrassero in maniera non controllata. Semplicemente cadendo.

La prima stazione spaziale statunitense, Skylab, nel 1979 si frantumò lasciando detriti lungo l’Oceano Indiano e qualcosa arrivò anche in Australia, richiedendo le scuse ufficiali dell’allora presiedente Jimmy Carter. In quel caso gli Stati Uniti avevano tentato un rientro controllato che però non riuscì.

Anche una delle stazioni spaziali sovietiche, la Salyut 7, finì col cadere in rientro non controllato, nel 1991.

Quindi la Cina è del tutto perdonata?

No.
Ci sono stati esempi di rientri non controllati a terra e probabilmente ce ne saranno altri. Ma, soprattutto negli ultimi decenni, spinti da una nuova consapevolezza di cosa significhi operare nel rispetto dell’intera comunità umana e dell’ecosistema terrestre che ci ospita, i casi di rientro non controllato sono dovuti a incidenti.

Non sembra che sia stato questo il caso per lo stadio del razzo Long March 5B precipitato stamattina nell’Oceano Indiano.

La prassi per i primi stadi dei vettori, quelli che danno la prima spinta per alzarsi da Terra e poi si staccano lasciando i più piccoli stadi successivi verso la destinazione finale, è cadere poco distante dalla piattaforma di lancio. In questo caso la zona in cui lo stadio può cadere è circoscritta e meglio prevedibile. L’alternativa è riaccendere dei motori che riportino lo stadio da smaltire verso una zona sicura in cui farlo cascare.

Il primo stadio del Long March 5B non è stato fatto cadere subito dopo essersi staccato dal resto del razzo ma è entrato in un’orbita che, a causa dell’attrito con l’alta atmosfera, piano piano si è abbassata fino a farlo precipitare a terra. In questo caso, proprio per l’alta variabilità delle condizioni atmosferiche che l’oggetto in caduta libera incontra lungo il suo percorso, diventa difficile anche solo prevedere dove cadrà. E la zona interessata all’evento di fatto copre una fascia attorno a tutto il pianeta.

A questo aggiungiamoci anche che il razzo Long March 5B è il più grande usato dalla Cina e uno dei più grandi a livello internazionale. Il primo stadio, quello caduto stamattina, pesava 23 tonnellate ed era alto 30 metri.

Il razzo cinese Long March 5b con le diverse componenti. Evidenziato in rosso il primo stadio, quello precipitato nell’Oceano Indiano questa mattina. Long March ha lo stadio con carico (quello che trasporta i materiali) direttamente agganciato al grande stadio di propulsione principale. Per questo non può effettuare manovre simili agli altri razzi, che man mano restano con stadi più piccoli a dare propulsione, ma deve avere anche il primo stadio che entra in orbita.

Non finisce qui

Il vettore Long March 5B è partito lo scorso 29 aprile per portare in orbita Tianhe, il principale modulo di Tiangong, la stazione spaziale cinese che dovrebbe essere costruita in orbita e resa operativa per il 2022.

Ci stiamo tutti chiedendo se la Cina ha intenzione di traghettare così tutti i sui moduli da qui al completamento della stazione spaziale.

Le reazioni

Le agenzie e gli istituti che si occupano di tracciare e controllare i detriti spaziali hanno tenuto sotto stretto controllo lo stadio in caduta. Abbiamo assistito a 24 ore di allerta generalizzata in Italia e mi pare anche nel resto del mondo.

La preoccupazione non era tanto che i frammenti del razzo causassero danni – anche se, ovviamente, probabilità bassa non significa mai probabilità nulla. Il vero problema è di carattere etico, politico e giuridico: è giusto consentire una (nuova) corsa allo spazio a prescindere dalla sicurezza di chi è fermo a osservare da terra?

A onor del vero esiste l’Outer Space Treaty, un trattato internazionale per regolare la corsa allo spazio, e la Convenzione sulla responsabilità che legittima la richiesta di indennizzo da parte della nazione che subisce eventuali danni da detriti spaziali verso la nazione che ne è responsabile. Questo trattato però risale ai primi decenni della corsa allo spazio: la situazione odierna è completamente differente. Le capacità, le disponibilità e gli attori del panorama aerospaziale mondiale sono moltiplicati rispetto agli anni Settanta del secolo scorso e una legislazione che regolamenti gli oggetti in orbita è una necessità sempre più impellente.

La Nasa ha rilasciato un comunicato in cui manifesta disapprovazione per la condotta cinese:

«Le nazioni in viaggio nello spazio devono ridurre al minimo i rischi per le persone e le proprietà sulla Terra di rientri di oggetti spaziali e massimizzare la trasparenza riguardo a tali operazioni.
È chiaro che la Cina non riesce a soddisfare gli standard riguardo ai propri detriti spaziali.
È fondamentale che la Cina e tutte le nazioni che viaggiano nello spazio e le entità commerciali agiscano in modo responsabile e trasparente nello spazio per garantire la sicurezza, la stabilità, la sicurezza e la sostenibilità a lungo termine delle attività nello spazio»

Siamo curiosi (almeno, io lo sono) di sapere se il prossimo lancio di Long March sarà differente.

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