Pensieri in libertĆ riguardo la mostra a Palazzo Strozzi
Il mese scorso mi sono concessa un giorno a caso di vacanza per raggiungere la vicina Firenze con un obiettivo ben preciso in mente: visitare la mostra āNel tuo tempoā di Olafur Eliasson a Palazzo Strozzi.
Non stavo nella pelle: avevo visto immagini e video di alcune installazioni di Eliasson e mi ero convinta che fosse un artista il cui lavoro mi piace. Nell’entusiasmo ho continuato ad annunciare a tutti che ci sarei stata, commentando con Ā«Eliasson ĆØ un artista che, secondo me, piace a tutti gli astrofisiciĀ».
La mia premessa non ĆØ stata disattesa dalla mostra.
Tu la chiami arte, io ci vedo (anche) scienza
Il motivo per cui sono convinta che le opere di Eliasson debbano piacere agli astrofisici ĆØ il suo sapiente uso della luce. Prima della nascita dellāastronomia multimessaggero, in sostanza prima che riuscissimo a costruire strumenti cosƬ sofisticati e sensibili da rilevare le onde gravitazionali, tutto ciò che gli astronomi potevano studiare dellāuniverso ĆØ stata, per secoli, la radiazione elettromagnetica.
La luce ĆØ quella parte di radiazione elettromagnetica che riveliamo col più comune degli strumenti di osservazione: i nostri occhi. La luce quindi ĆØ stata la prima messaggera dellāuniverso presso lāintelligenza umana. Col crescere delle competenze, fisiche e tecnologiche, lāastronomia si ĆØ arricchita di filoni che studiano le emissioni radio, microonde, infrarosso, ultravioletto, X e gamma. La luce visibile resta però la prima cosa che abbiamo potuto osservare.
Ora, catturare la radiazione e ricavarne informazioni per dedurre come sono fatte le sorgenti da cui deriva non ĆØ affatto unāimpresa banale. La radiazione si comporta in maniera talvolta controintuitiva, a seconda anche dello strumento che usiamo per rivelarla. Questa strana bestia ĆØ allo stesso tempo sia onda sia particella: difficile da immaginare.
Comprendere la luce: materiali al servizio di arte e scienza
Le tecnologie osservative che devono interagire con la luce (e con la radiazione, più in generale) sono un fiorire di oggetti particolari. Il loro obiettivo è giocare con queste onde-particelle. Moltiplicarle, separarle, ricombinarle: tutto per permettere a chi le studia di dedurre quali fenomeni fisici le abbiano generate. E non sono utili soltanto in astronomia, a dirla tutta.
La luce ĆØ in grado di manifestare effetti stranissimi, in virtù della sua natura ondulatoria. Chi gioca con la luce sa che deve imparare a conoscere e apprezzare lāinterferenza: una di quei comportamenti talvolta controintuitivi. Due o più onde che si combinano in un punto, amplificando o depotenziando la quantitĆ di luce che in tal punto arriva… ma non sempre come istintivamente ci si aspetterebbe. Queste onde poi hanno delle lunghezze caratteristiche: nella luce visibile, i nostri occhi percepiscono la differenza in lunghezza dāonda interpretandola come colore.
Eliasson: La luce che gioca coi materiali
Studiare la luce significa anche conoscere i materiali che da essa si lasciano attraversare o che al contrario la riflettono. Si possono sfruttare le interazioni tra luce e materiali per ricavare informazioni, quando si fa scienza. Ma, allo stesso modo, si possono sfruttare i materiali per produrre arte: per imbrigliare la luce, farla riflettere con colori diversi, farla moltiplicare oppure svanire. Si può persino produrre luce che sia ātutta ugualeā, tutta con la stessa lunghezza dāonda.
Come per studiare un fenomeno fisico parliamo con la luce, cosƬ Eliasson parla attraverso la luce. E per farlo deve conoscere i materiali e sapere come usarli.
Effetto MoirƩ
Il risultato, ad esempio, sono gigantesche opere con effetti moirĆ©, che sfruttano griglie sfasate giusto un pochino. Quanto basta per costringere la luce che passa tra di esse a produrre interferenza. Lāeffetto moirĆ© ti accompagna, non lascia il tuo sguardo: tu fissi lāoggetto mentre ti muovi, lāoggetto ti restituisce un movimento che non ti aspettavi, come se un animale ti osservasse attento e silenzioso.

telaio in acciaio, tessuto stampato, strisce in polipropilene riciclato, luci monofrequenza , 11x8m
Avrei dovuto fare un video per far apprezzare l’effetto moirĆ© prodotto da questa opera. Era la prima opera del percorso, accoglieva i visitatori nel cortile di Palazzo Strozzi.
Vetri colorati
Oppure ancora, giocare con i materiali per piegare la luce alla propria volontĆ produce labirinti per gli occhi, fatti di colori diversi. La via dāuscita cāĆØ, ma la luce la trova solo dopo che in parte ĆØ riflessa e in parte rifratta da vetri dicroici, costruiti in modo tale da restituire diversi colori a seconda del punto di vista da cui li si osserva. In astronomia i vetri dicroici sono usati come filtri, per far passare solo determinate lunghezze dāonda da studiare. Nellāopera di Eliasson, insieme a vetri monocromatici, danno origine ad unāinfinitĆ di colori che investono gli occhi e lāintera stanza.

acciaio inox, filtro di vetro colorato (verde, arancione, giallo, ciano, rosa), specchio, luce LED, motore, vernice (nera), diametro 170 cm
Un esempio di opera che intrappola la luce e la lascia uscire solo in determinate lunghezze d’onda, cioĆØ di determinati colori. L’effetto ĆØ ottenuto con vetri colorati, che fanno da filtro.
Una delle opere più belle in mostra e forse la più nota e diffusa.
Il Sole in una stanza
Il vero capolavoro, per me, ĆØ quello che ho trovato nellāultima sala, unāopera che ĆØ āsoloā una prova dāartista, ma che non mi sarei stancata mai di guardare.

acciaio inox, alluminio, filtro di vetro colorato, luce monofrequenza, 230 x 120 x 110 cm, Prova d’artista
Qui si vede bene il concetto di vetro dicroico: si vedono dettagli gialli e dettagli del suo colore complementare, il viola.
Entrando nella stanza sembrava di trovarsi davanti ad una piccola stella.
Eye see you (2006) è senza dubbio un esperimento di Eliasson per spingere ai limiti del possibile la sua capacità di giocare con luce monocromatica, dicromia ed effetto moiré.
Per me, invece, ĆØ un sole. Una piccola riproduzione della nostra stella, resa pulsante e viva proprio dallāinterferenza che le dona movimento man mano che, guardandola, cambi prospettiva. Mi sembra ancora di vedere spicole che si agitano veloci nella fotosfera del Sole. Lingue di plasma incandescente che si allungano, torcono e restringono, seguendo i capricci del campo magnetico.
Non c’era nulla di tutto ciò, ovviamente. Solo luce, specchi, vetri.
Interazione luce-materiali, ma anche luce-persone
Ć proprio questo il valore aggiunto della ricerca artistica di Eliasson, secondo me. Giocare con luce e materiali e organizzare l’intera mostra attorno all’interazione tra essi significa sostanzialmente predisporre intere sale vuote dove la luce ĆØ la protagonista.
Significa aspettarsi e, anzi, auspicarsi che ogni persona, entrata nella sala, abbia voglia di provare e giocare. Capire cosa accade e cosa si prova sperimentando in prima persona e con tutto il corpo l’opera d’arte. Di fatto vivendola e modificandola con la propria presenza. Questo significa anche interpretandola, a seconda della propria interazione e del proprio bagaglio esperienziale e culturale, agendo sullo spazio dettato dalla luce.

specchio, faretto, treppiede, filtro di vetro colorato (rosso)
Chi sono io per sottrarmi alla volontĆ dell’artista?
Anch’io ho fatto un sacco di foto e selfie e il cortese collega, con cui ero in visita, ha scattato qualche foto di me che giocavo con la luce. Grazie Danilo.
La luce, prima messaggera dallāuniverso, a saperla manipolare ĆØ anche la fonte principale e più convincente di illusioni. Il lavoro di Eliasson fa proprio questo: crea un mondo di illusioni in cui la tua ombra ĆØ solo un altro modo di raccontare lāopera.
L’immagine di copertina ĆØ Just before now, 2022, faretti, supporti a parete, pellicola specchiata, schermo da retroproiezione, filtri di vetro colorato. L’ennesimo e forse più espressivo esempio di come l’arte di Eliasson sia completata e determinata dal fruitore del momento.
Foto: Danilo Gasca.