Non è un ufo, è Starlink

Cosa penseresti nel vedere passare in cielo un treno di decine di luci che si spostano in fila una dietro l’altra, come una collana di perle brillanti che tagliano l’oscurità?
Invasione aliena? Sperimentazioni militari? Dispositivi per il controllo del clima?
No, nessun complotto, nessun oggetto volante non identificato: probabilmente è Starlink.

Internet a banda larga accessibile a tutti ovunque nel mondo, persino in mezzo all’oceano.
Questo è l’obiettivo del programma Starlink dell’agenzia spaziale privata SpaceX di Elon Musk.

Si tratta di una costellazione di satelliti, ovvero un gruppo di satelliti che lavorano insieme, che sono messi in orbita a ritmi regolari da un anno a questa parte, precisamente dal 24 maggio 2019.
Il dettaglio rilevante è il numero di satelliti di questa costellazione: sono previsti 12mila satelliti in orbita bassa, ad un’altezza di circa 550 km da terra, che potrebbero arrivare a fine progetto anche a 30mila unità.
Per confronto, stando a quanto riporta l’Agenzia spaziale europea, attualmente ci sono in orbita 2300 satelliti funzionanti e dall’inizio della storia dell’esplorazione spaziale ad oggi non ne abbiamo avuti più di circa 9600 in tutto.
Si comprende dunque che il progetto è tanto ambizioso quanto di grande impatto sullo spazio attorno alla Terra, nella regione della cosiddetta orbita terrestre bassa (Low Earth orbit, Leo) tra 160 e 2000 km.

Al momento sono partite 7 missioni Starlink con cui, attraverso un razzo Falcon 9 sempre di proprietà di SpaceX, sono stati messi in orbita 60 satelliti a missione. Gli ultimi sono partiti lo scorso 22 aprile. Nelle intenzioni di Musk, il resto di satelliti sarà messo in orbita con un ritmo di 60 ogni due settimane. Il prossimo lancio, l’ottava missione di dispiegamento di satelliti Starlink, è prevista per il 17 maggio 2020.

Un razzo Falcon 9 che parte dalla stazione dell’Air Force di Cape Canaveral, l’11 novembre 2019, per la seconda missione Starlink. Foto: U.S. Air Force, Airman 1st Class Zoe Thacker.

Come funziona Starlink

L’obiettivo del programma Starlink è assicurare internet a tutti, ovunque.
Il dettaglio chiave non è quell'”ovunque“, ma “a tutti“.

Sappiamo già come portare internet ovunque nel mondo: si fa con la connessione satellitare, appunto, come quella che si vuole realizzare con Starlink. La trasmissione dei dati è cioè lasciata interamente ai satelliti e ad un dispositivo ricevente a terra (antenna) lì dove l’utente ha bisogno di collegarsi. La connessione internet che raggiunge le nostre città ha invece un’infrastruttura di terra più ampia, che prevede l’uso di stazioni radio e cavi (elettrici o fibra ottica) che portano il segnale fino alle nostre case.

Il vantaggio della connessione satellitare è che arriva ovunque, anche dove non si può predisporre, perché scomodo o troppo costoso, l’infrastruttura cablata.
L’attuale connessione satellitare però ha un grossissimo problema: è lenta.
Immagina te che ti colleghi a internet: immagina che la tua connessione sia lenta. Stai male? Ecco, esatto. Quello è il problema.

La lentezza dell’attuale connessione satellitare deriva dal fatto che è gestita da pochi, grandi satelliti alti in quota, – si parla di quasi 36mila km di altezza. Il segnale quindi impiega un tempo non trascurabile per essere trasmesso da un satellite ad un altro e da un satellite a terra e viceversa.
La velocità di trasmissione del segnale aumenta se ci sono molti più satelliti, anche più piccoli, in orbite basse. Questa è appunto l’idea che sfrutta Starlink.

Anche il fatto che i satelliti siano “piccoli” è un grosso vantaggio: se ne possono spedire nello spazio un gran numero contemporaneamente, riducendo notevolmente i costi della messa in orbita della costellazione.
Nel tweet di Elon Musk qua sopra, un confronto tra il “naso” del razzo Falcon con 60 Starlink a bordo e lo stesso spazio occupato dalla Tesla che Musk ha lanciato verso Marte nel febbraio 2018.

La cosa che mi preme sottolineare è che non si tratta di un progetto visionario partorito dalla mente del genio sregolato di Elon Musk: semplicemente l’evoluzione del settore delle telecomunicazioni punta in quella direzione. Altre aziende stanno lavorando alla messa in orbita di costellazioni numerose di satelliti con lo stesso scopo di Starlink.
Project Kuiper, un progetto dell’Amazon di Jeff Bezos, prevede di dispiegare una costellazione di 3236 satelliti nel giro di un decennio e di vendere il proprio servizio internet direttamente all’utente. La canadese TeleSat promette circa 300 satelliti in orbita terrestre bassa nel giro di pochi anni. Anche OneWeb, azienda inglese con doppia sede a Londra e negli Stati Uniti, stava concorrendo alla corsa alle nuove costellazioni per telecomunicazioni, con l’obiettivo di 650 satelliti in orbita, ma ha recentemente dichiarato bancarotta.

Come si immagina la rete di starlink attorno alla Terra.

Se migliaia di piccoli satelliti in orbita bassa sono il nostro futuro, è assolutamente importante preoccuparsi di quale sia l’impatto di tutti questi strumenti e regolamentare la loro messa in orbita.

Perché è un problema

Intendiamoci, il problema non è Starlink in sé: ben presto ci saranno in orbita così tanti satelliti, di aziende diverse, che prendere contromisure e regolamentarli è in questo momento di capitale importanza.

La presenza di costellazioni numerose di satelliti pone due ordini di problemi: la loro visibilità e la “gestione del traffico”.

Luminosità inaspettata
Un’immagine del gruppo di galassie NGC 5353/4 ottenuta dal telescopio dell’Osservatorio Lowell in Arizona, Usa, la notte del 25 maggio 2019. Le linee diagonali sono le tracce della luce riflessa dagli starlink passati nel campo visivo del telescopio.

Ha colto di sorpresa persino chi ci lavorava, quanto i satelliti starlink siano riflettenti. Rimandano indietro più luce solare di quanto ci si aspettasse. Soprattutto nelle fasi in cui vengono messi in orbita, durante le quali si distinguono chiaramente a occhio nudo appunto come un treno di luci che si muovono veloci e disciplinate in cielo. Ma anche dopo, quando avranno raggiunto l’orbita dalla quale lavoreranno, se non si interviene sul problema, resteranno più visibili di quanto ci si augura.
Ora, per avere un paragone: gli starlink previsti sono tra 12mila e 30mila. Le stelle visibili a occhio nudo da un punto qualsiasi della Terra (buio, col cielo limpido, la vista buona, eccetera) sono al più 3mila!
Le nuove costellazioni di satelliti per telecomunicazioni rischiano di privarci di quel patrimonio culturale dell’umanità che è il cielo stellato. Ancora più di quanto abbiano fatto luci cittadine e smog.

Non solo. Tutti i satelliti che resterebbero visibili per ore prima dell’alba e dopo il tramonto metterebbero in crisi l’intero settore dell’astronomia osservativa da terra. I grandissimi telescopi già costruiti o ancora in cantiere sarebbero costretti a immagini del cielo inquinate dalle scie luminose lasciate dal passaggio dei satelliti, abbassando drasticamente la qualità della ricerca scientifica possibile, se non impedendola del tutto.

Sollecitato dall’Unione Astronomica Internazionale e da diversi osservatori e centri di ricerca astronomica di tutto il mondo, Musk ha promesso che si impegnerà per ridurre a zero l’impatto dei suoi satelliti sull’osservazione del cielo.

Lo studio di come ciò sia possibile, fatto in collaborazione con gli astronomi, in particolare con l’American Astronomical Society e l’Osservatorio Vera C. Rubin, è tuttora in corso e Musk dichiara che la sua speranza è che le soluzioni trovate saranno prese in considerazione da chiunque in futuro si dedicherà alla messa in orbita di nuove costellazioni.

Nella terza missione Starlink, che ha messo in orbita il suo carico di satelliti lo scorso gennaio, c’era a bordo un prototipo chiamato DarkSat, un satellite identico agli altri ma con alcune superfici rese più scure per riflettere meno la luce solare. Non si trattava ancora della soluzione ideale, perché una superficie scura e poco riflettente causa un surriscaldamento del satellite. Lo sappiamo tutti, da quella volta che abbiamo avuto la felice idea di indossare un indumento nero in piena estate sotto il sole.
La prossima missione, quella del 17 maggio, avrà a bordo almeno un VisorSat, un satellite starlink a cui è stato applicato un pannello che gli faccia ombra.
Un’altra misura utile che Musk prenderà in considerazione è gestire al meglio l’orientamento del pannello solare dei satelliti, in modo che non rifletta la luce solare in direzione della terra.

Gli starlink hanno un pannello solare anziché i soliti due che siamo abituati a vedere sui satelliti, per ridurre i punti di possibile avaria.

Ad un problema analogo si dovrà rispondere anche in banda radio: le comunicazioni da e per decine di migliaia di satelliti interferiscono con le osservazioni astronomiche per quei radiotelescopi che lavorano a ridosso o in sovrapposizione alla banda usate nelle telecomunicazioni. La situazione, che resta gestibile con pochi satelliti, è sicuramente da rivedere con l’avvento delle nuove costellazioni in orbita.

Traffico spaziale

Più aumenta il numero di satelliti in orbita, più complessa diventa la gestione delle collisioni e del decommissionamento, ovvero il destino di un satellite non più in uso.

SpaceX ha risposto a questi due problemi già in fase di progettazione. I suoi starlink hanno dei sensori in grado di rilevare la possibilità di una collisione con un altro satellite o un detrito spaziale (satelliti non funzionanti o pezzi di satelliti ancora in orbita) e di gestire in autonomia le manovre necessarie a evitare tale collisione.
Tuttavia c’è stato già un precedente, una mancata collisione, che lascia immaginare quanto sia necessario regolamentare lo spazio.

A fine vita, ogni satellite starlink effettuerà il rientro a terra nel giro di pochi mesi usando il proprio sistema di propulsione. Anche nell’eventualità in cui tale sistema fosse in avaria, il fatto di trovarsi in un’orbita bassa assicura che il satellite decadrà dall’orbita per attrito con l’atmosfera nel giro di 5 anni.

Per concludere…

Da sfrenata fan dell’avanzamento tecnologico, condivido l’entusiasmo di chi sta realizzando e portando in orbita le nuove, numerose costellazioni per le telecomunicazioni. L’idea di una connessione internet veloce e abbordabile per chiunque sul pianeta è senz’altro affascinante.
Ovviamente spero che insieme alla tecnologia si sviluppi anche la riflessione sul suo miglior impiego e che cresca la discussione su come fare per avere tutto ciò che essa offre, senza perdere ciò che abbiamo sempre avuto a disposizione: il cielo.

Tu cosa pensi degli starlink? Riuscirà Musk a ridurre a zero l’impatto sulle osservazioni astronomiche?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.