Facilmente riconoscibile anche dai non appassionati o dai più distratti, la costellazione di Orione domina i cieli invernali.
Si staglia fiera ed evidente contro la notte blu, persino nei cuori dei centri abitati, inondati di luce artificiale.
Te la mostro da vicino, narrandoti di stelle e nebulose che impreziosiscono la costellazione di Orione.
Per la mitologia, leggi “Orione, il cacciatore”.
Orione: come trovare la costellazione in cielo
È gennaio inoltrato, sono le 10 di sera, fa freddo. Esci sul balcone a scrutare il cielo chiedendoti se stia per nevicare. Guardi verso sud, una costellazione dalle stelle brillanti e colorate cattura la tua attenzione.
È la costellazione della caffettiera.
Come dici? La costellazione della caffettiera non esiste? E chi lo dice?!
Ok, ok. Non è la caffettiera, è Orione, il formidabile cacciatore.
Parti dalla Cintura di Orione
Una volta imparato a riconoscere la sua forma, trovare Orione in cielo è praticamente immediato.
Se ancora stai imparando, parti dalle tre stelle che formano la cosiddetta Cintura di Orione: sono tre stelle abbastanza brillanti e apparentemente vicine che sembrano disposte quasi perfettamente in linea retta.
Da sinistra a destra si chiamano Alnitak, Alnilam e Mintaka.
Sali un po’ con lo sguardo: a sinistra c’è l’arancione Betelgeuse, a destra Bellatrix. Rispettivamente rappresentano la spalla destra e quella sinistra del cacciatore Orione.
Poi guarda sotto la cintura: in posizione opposta rispetto alle spalle trovi a sinistra Saiph, a destra Rigel. Rispettivamente il ginocchio destro e il piede sinistro di Orione.
Mentre arrivavi fin qui con lo sguardo hai sicuramente notato un fila di tre stelle che sembrano penzolare dalla cintura: sono la spada di Orione. E non sono tre stelle in realtà: la luminosità centrale non è affatto puntiforme, è estesa: è M42, la nebulosa di Orione.
Se arrivi fino a questo punto, puoi già dire di aver riconosciuto la costellazione di Orione. Se proprio vogliamo fare i pignoli, in realtà la costellazione prosegue anche in alto, partendo da Betelgeuse e proseguendo in un braccio che impugna una clava, e verso destra, partendo da Bellatrix e proseguendo in un braccio con una pelle di leone.
O almeno questo è ciò che è tradizionalmente raffigurato nella tradizione occidentale moderna, che per la maggior parte riprende quella greca.
Da Orione… verso altro
Ogni volta che in cielo c’è un asterismo, ovvero una serie di stelle particolarmente semplice da individuare, questo può essere usato per trovare altre stelle o costellazioni di interesse.
È il caso della cintura di Orione, che ci consente agevolmente di riconoscere altri protagonisti del cielo invernale.
Prolungando infatti una semiretta ideale che parte dalla cintura di Orione e si spinge in basso a sinistra, verso sud-est, si incontra la stella più luminosa del cielo notturno: è Sirio, del Cane Maggiore.
Dalla parte diametralmente opposta, quindi salendo con lo sguardo e spingendosi verso ovest, si incontra una bella stella luminosa arancione: è Aldebaran, l’occhio della costellazione del Toro. Proseguendo di poco in quella direzione, ci sono le Pleiadi, un ammasso aperto di brillanti stelle giovani e blu.
A nord di Orione ci sono le due costellazioni dei Gemelli, a est, e dell’Auriga, a ovest. Per trovare le loro rispettive stelle più brillanti si possono di nuovo usare i punti notevoli del cacciatore. Partendo da Rigel, guardando verso Betelgeuse e continuando verso nord-est si incrociano Castore e Polluce, le teste dei due Gemelli. Al contrario, partendo dal Saiph e proseguendo oltre la cintura, si incrocia Capella, la stella più luminosa dell’Auriga.
Insomma, basta trovare la cintura di Orione e metà del cielo invernale è nelle tue mani! O nei tuoi occhi…
Stelle notevoli in Orione
Partiamo da un’informazione generale.
Le stelle di una costellazione, per convenzione, sono indicate con le lettere dell’alfabeto greco, dalla più brillante alla meno brillante, seguite dal genitivo del nome latino della costellazione. Ad esempio, “𝛼 Ursae Majoris” è la stella alfa (la più brillante) della costellazione dell’Orsa maggiore.
Di solito, quindi, la stella più brillante di una data costellazione si chiamerà alfa, la seconda più brillante beta, la terza gamma e così via.
Di solito.
Orione ha una situazione un po’ particolare: la sua alfa e la sua beta sono scambiate. La sua stella più brillante è attualmente Rigel, il ginocchio sinistro, eppure l’𝛼 Orionis è Betelgeuse, la spalla destra. Rigel è infatti 𝛽 Orionis. Come mai questo scambio?
Per confonderci le idee, per cos’altro se no?
Scherzo.
Ci possono essere un paio di motivi per cui questa situazione si verifica.
Uno è che la nomenclatura che ti ho appena definito è stata introdotta dall’astronomo Johann Bayer nel 1603, e all’epoca la stima della luminosità di una stella poteva essere imprecisa.
Ma nel caso di Orione il motivo della confusione è più probabilmente un altro.
Betelgeuse è una stella parecchio instabile che varia anche di parecchio la sua luminosità: è possibile che secoli fa fosse lei la più brillante di questa costellazione.
Betelgeuse, sorvegliata speciale
Supergigante rossa, Betelgeuse è in una delle possibili fasi finali dell’evoluzione di una stella. Si è espansa tantissimo: ha una massa che è più o meno una ventina di masse solari, ma un diametro che è 1000 volte quello del Sole!
Se fosse al posto del Sole, arriverebbe oltre l’orbita di Giove.
Supernova a breve?
Il passo successivo per Betelgeuse sarà quello di esplodere in un incredibile spettacolo che gli astronomi chiamano supernova: inonderà violentemente lo spazio circostante di materia ed energia e per qualche tempo sarà più brillante di tutte le stelle della Via Lattea messe insieme!
È il destino delle stelle che almeno sono 8-9 volte la massa del nostro sole.
Nel caso esplodesse come supernova in tempi umanamente ragionevoli, Betelgeuse è abbastanza vicina – si stima più o meno 600 anni luce – da regalarci uno spettacolo unico: la vedremo brillare nel cielo in pieno giorno!
Tuttavia non è abbastanza vicina da friggerci con le radiazioni emesse durante l’esplosione.
Un caso fortunatissimo.
Il fatto è che non siamo sicuri di quando questa fase di supernova possa avvenire. Secondo alcune stime, ci vorranno migliaia di anni o forse più. Secondo altre, potrebbe volerci molto meno, fino a tempi scala paragonabili a quelli della vita umana. Oppure potrebbe essere già accaduto e non ce ne siamo ancora accorti perché, data la distanza, la sua luce (quindi l’informazione) ci mette secoli ad arrivare alla Terra.
Una cosa è certa: Betelgeuse è turbolenta assai.
La sua luminosità varia tantissimo anche nel giro di settimane, come è accaduto nel 2019, quando ha sorpreso gli astronomi diventando chiaramente meno brillante.
In quel caso un fremito di eccitazione ha percorso la comunità scientifica, poiché una variazione così evidente sembrava preannunciare una catastrofe (quindi un gran spettacolo!) imminente. Invece pare che la variazione di luminosità fosse dovuta ad un’espulsione di gas che, lasciando la stella, si sarebbero poi raffreddati oscurandola parzialmente ai nostri occhi.
Rigel, supergigante blu
Betelegeuse non è l’unico mostro della costellazione di Orione.
Rigel, distante circa 860 anni luce da noi, è un’altra supergigante. Stavolta però si tratta di una supergigante blu.
Massiccia e luminosissima, circa 100mila volte più luminosa del Sole, anche Rigel è una stella nelle ultime fasi di vita e destinata a esplodere come supernova.
Rigel è in realtà un sistema multiplo: la stella principale ha attorno a sé altre 3 componenti.
Una situazione non rara. Anche Alnitak, nella cintura, e Meissa, la testa di Orione, sono sistemi multipli. Alnitak ha in comune con Rigel altri due particolari: è una supergigante blu e illumina una vicina nebulosa…
Una favolosa concentrazione di belle nebulose
La regione di cielo dominata dalla costellazione di Orione è una delle più studiate perché una delle più dense di dettagli interessanti. Non solo per le stelle luminose e peculiari, ma anche per le varie nebulose che vi si trovano.
Dalla Terra la costellazione di Orione sembra adagiata in una soffice nube di intrinseca bellezza: è il Complesso nebuloso molecolare di Orione.
Si tratta di una grande nube molecolare estesa diverse centinaia di anni luce e la cui distanza da noi è stimata tra 1500 e 1600 anni luce.
In questa zona nubi a emissione e a riflessione, che risplendono sfruttando la luce di vicine stelle molto luminose ed energetiche, si alternano a nubi oscure, composte da gas che assorbono la luce e impediscono di osservare oltre di esse. Così ombre scure dalle forme peculiari ed involontariamente evocative si definiscono su un fondo luminescente.
Cavalli, Streghe e Scimmie
È il caso della nebulosa Testa di cavallo (anche nota come B33), ad esempio: polvere densa che si profila distinta sulla retrostante nebulosa a emissione IC 434.
È probabile che tu abbia sentito parlare o abbia visto foto della più nota delle nebulose di questo complesso, la nebulosa di Orione (M42 o NGC 1976).
La nebulosa di Orione è persino riconoscibile ad occhio nudo, con cielo terso e una buona vista.
È quella che sembra la seconda delle tre stelle che formano la spada appesa alla cintura del cacciatore.
M42 è una zona in cui un’intensa formazione stellare si accompagna alla nascita di quelli che saranno futuri sistemi solari, che per ora sono solo dischi protoplanetari. L’interesse scientifico per questa zona è dunque altissimo, cosa che del resto vale un po’ per tutto il complesso di Orione.
Un’altra nebulosa discretamente nota, spesso usatissima ad ogni Halloween dagli astro-appassionati che pubblicano post sui social, è la nebulosa Testa di strega (IC 2118 o NGC 1909). Si chiama così perché ricorda vagamente il profilo di una strega con nasone e mento adunchi. Tecnicamente la nebulosa Testa di strega è nella zona di cielo assegnata alla costellazione di Eridano, ma pare che questa nebulosa brilli riflettendo la luce della vicina Rigel, la beta Orionis, e quindi per me è legittimo citarla qui.
Ti nomino ancora una nebulosa non solo perché Hubble ce ne ha regalato foto stupende, ma anche perché è l’unica tra queste di cui non riesco a vedere la sagoma che ne ispira il nome: la nebulosa Testa di scimmia (NGC 2174). Tu ce la vedi la testa della scimmia?
Immagine di copertina: la nebulosa di Orione, M42, perché non se ne ha mai abbastanza! Foto: Nasa, Esa, T. Megeath (University of Toledo) and M. Robberto (STScI).