Pleiadi, oltre la Grecia

Non solo i Greci vedevano sette sorelle nell’ammasso aperto delle Pleiadi: molti altri popoli, disseminati nello spazio e nel tempo della storia, vi hanno associato un gruppo di sorelle o di fratelli.
Ma anche pulcini, o una chioccia coi suoi pulcini. E magazzini abbondanti di messi. Ci sono ragioni per questo genere di associazioni.

Ti racconto qualche dettaglio in più delle Pleiadi oltre la Grecia, passando attraverso mitologie da (quasi) tutti i continenti.

Sette sorelle, non solo greche

Nasi forati

Straordinariamente simile alla leggenda greca delle sette sorelle è la storia tramandata dai Nasi Forati, tribù indiana che abitava sull’Altopiano del Columbia, nella zona centrale dell’odierno stato federale dell’Idaho e in una parte degli stati di Washington e Oregon, negli Stati Uniti d’America.
Anche in questo caso la leggenda prova a spiegare perché alcuni vedono 6 stelle altri 7 guardando le Pleiadi in cielo, proprio come quella greca.

Anche secondo i Nasi Forati le stelle delle Pleiadi sono sette sorelle delle quali una si è innamorata di un mortale. In seguito alla morte dell’uomo, questa sorella va dalle altre in cerca di conforto per il suo dolore. Le altre però si prendono gioco di lei e del fatto che si sia innamorata di un semplice umano. Incapace di poter esternar oltre il proprio dolore e afflitta da questo, la sfortunata sorella si “adombra”, diventando poco visibile al confronto delle altre. Per questo alcuni individuano sette stelle in cielo, altri ne distinguono solo sei.

Wurundjeri

Molto carina la leggenda degli aborigeni australiani Wurundjeri, che occupavano la valle dello Yarra prima della colonizzazione inglese, dove ora sorge la città di Melbourne.
Lega l’ammasso delle Pleiadi alla leggenda di come il fuoco è arrivato all’uomo.

Il racconto si rifà al Tempo del Sogno, mitica epoca che un po’ per tutti gli aborigeni australiani identificava il periodo di tempo in cui forze primigenie, al loro passaggio, avevano creato la terra e l’universo.
Sette sorelle, le Karatgurk, avevano un tizzone ardente sulla punta dei bastoni che usavano per scavare e raccogliere patate dolci. Solo esse conoscevano il segreto per cuocere i cibi e lo custodivano gelosamente, non rivelandolo a nessuno che lo chiedesse.
Come in molte mitologie, anche gli aborigeni australiani hanno un trickster, un personaggio scaltro che riesce a raggiungere i suoi scopi ingannando gli altri, talvolta per solo divertimento. Per gli aborigeni australiani il trickster era il Corvo. Per le leggende norrene ad esempio era il dio Loki, giusto per citare uno dei più famosi.

Il Corvo escogitò un inganno per rubare il segreto del fuoco alle Karatgurk. Raccolse dei serpenti e li nascose dentro un formicaio. Chiamò le sorelle dicendo loro che aveva trovato delle grosse larve da mangiare, molto più appetitose delle loro patate dolci. Le sorelle, coi loro bastoni, cominciarono a scavare nel punto indicato dal Corvo e indispettirono i serpenti che allora saltarono fuori ad aggredirle. Le sorelle d’istinto colpirono i serpenti con i loro bastoni, con forza, per difendersi. Questa reazione fece però staccare i tizzoni ardenti, che il Corvo prontamente raccolse e nascose in una borsa di pelle di canguro.

A nulla valsero le ire delle sorelle: il Corvo si limitò a volare fuori dalla loro portata. Nel mito, le sorelle furono portate in cielo, e le stelle che le rappresentano ricordano allo stesso tempo i loro tizzoni ardenti. Il fuoco arrivò all’uomo dopo altre avventure vissute dal Corvo, tra cui un certo abuso dei tizzoni ardenti che gli procurò quel piumaggio nero come la pece che gli vediamo addosso oggi.

un corvo su una rupe
Guardalo: si vede dalla faccia che sta escogitando qualcosa!
Foto: Tyler Quiring on Unsplash
Kiowa

Diverse tribù di nativi americani hanno una storia molto simile per raccontare la formazione della Torre del Diavolo, una formazione rocciosa nello Wyoming, Stati Uniti.
A seconda delle fonti, la leggenda che sto per raccontarti viene attribuita ai Kiowa, secondo altre fonti ai Lakota. Quel che è certo è che la Torre del Diavolo è sacra per Kiowa, Lakota e Cheyenne. Ed è anche fonte continua di polemiche perché attira scalatori a migliaia che secondo i nativi americani compiono sacrilegio ad ogni salita.

Leggenda narra che un gruppo di sette giovani fanciulle, giocando e danzando, si fossero allontanate un po’ troppo dal loro campo. Improvvisamente un orso gigantesco e affamato (o un gruppo di orsi, secondo le varianti della leggenda) cominciò a inseguirle. Le fanciulle, correndo in mezzo ad una pianura priva di nascondigli efficaci, salirono su una sporgenza rocciosa poco più alta del resto e invocarono lo Spirito della roccia (o il Grande Spirito) di venire loro in soccorso. Le loro preghiere furono ascoltate: improvvisamente, come scossa da un imponente terremoto, la roccia su cui erano salite cominciò a crescere e alzarsi sempre più verso il cielo, mettendo al riparo le fanciulle. L’orso infatti, per quanto provasse ad arrampicarsi, non riuscì a raggiungere la sommità e finì con l’allontanarsi. Non prima di aver lasciato profondissimi solchi verticali su tutta neonata montagna.

Le sette fanciulle raggiunsero il cielo diventando le Pleiadi che conosciamo e la roccia reca ancora i segni del tentativo di scalata dell’orso leggendario.

una foto della torre del diavolo, montagna nello stato del Wyoming, Stati Uniti
La Torre del Diavolo, con le caratteristiche scanalature sui fianchi che nelle leggende dei nativi americani sono i graffi lasciati dagli orsi.
Fun fact: il nome inglese deriva da un fraintendimento. L’interprete del colonnello Richard Irving Dodge, durante una spedizione del 1975, aveva riferito che il nome era “Montagna del dio cattivo”, ma in realtà i nativi, a seconda della leggenda di riferimento, la chiamano Montagna dell’Orso, o Dimora dell’Orso, o Albero di roccia, …
Foto: Kimon Berlin, via Wikimedia Commons.
Altre sorelle in giro per il mondo…

Anche i Tuareg nel Sahara, i nativi americani sulla Costa del Pacifico, gli aborigeni australiani Daen e i Maya di Monte Alto con altre popolazioni del Guatemala, come Ujuxte e Takalik Abaj, vedevano nelle Pleiadi sette sorelle.
I Maya di Monte Alto (periodo preclassico maya, a partire dal 1800 A.C.) pare abbiano costruito monumenti usati come riferimento astronomico per la definizione del loro calendario in base alla posizione delle Pleiadi e della stella eta Draconis, nella costellazione del Dragone. I Maya di Monte Alto inoltre erano convinti di essere discesi dal cielo, proprio da quella zone in cui le Pleiadi brillano.

Qui comincia a diventare importante considerare un elemento. Le Pleiadi hanno una posizione particolare in cielo, per cui sono state spesso usate come punto di riferimento per costruire calendari. Più in generale, per decidere il momento propizio per la semina, oppure la raccolta, o la caccia, o la navigazione, a seconda della latitudine e delle caratteristiche geografiche del luogo. Ciò vale nel caso dei Tuareg, dei Maya, ma anche di altre culture di cui ti parlo più avanti.

Sette fratelli

Piedi Neri

Le Pleiadi sono sette “bambini perduti” – no, non i bimbi sperduti di Peter Pan – per i Piedi Neri, nativi americani diffusi tra Stati Uniti e Canada. Sette orfani trascurati dal resto della tribù, che al termine delle loro sofferenze terrene divennero stelle. La non curanza di cui i bambini furono vittime fece adirare l’Uomo-Sole, che causò una carestia e fece sparire i bufali. Fino a quando il Cane, amico dei sette orfani, non intercedette in favore degli uomini.
I Piedi Neri erano abili cacciatori e guerrieri. La caccia al bufalo era una cruenta battuta in cui un gran numero di animali veniva spinta giù da una rupe: una vera e propria macellazione di massa.
I bufali sparivano quando i “bambini perduti” erano in cielo. Quando le Pleiadi non erano più visibili durante la notte, i Piedi Neri sapevano che era il momento di aprire la stagione di caccia.

Se ai Piedi Neri le Pleiadi davano il segnale di radunarsi per la caccia, ai Navajo invece suggerivano il giusto tempo per la semina.

Le dilγéhé, “scintille come punte di spillo”, tramontavano col sole a inizio maggio e ricomparivano all’alba in cielo tra fine giugno e inizio luglio. Secondo una delle leggende Navajo, queste stelle erano sette monelli che inseguivano gli uomini durante la semina.
Se ci si attardava troppo e si seminava troppo a ridosso della loro ricomparsa in cielo, questi monelli andavano di notte a rubare tutti i semi e non facevano crescere nulla.

Oltre il sette: le Pleiadi come moltitudine

Tornando un momento alla cultura greca classica, l’etimologia di “pleiadi” è incerta. C’è chi la fa derivare da “pléin”, (“navigare”, perché la loro comparsa in cielo apriva il periodo propizio alla navigazione), chi da “pléion”, (“più”, poiché sono numerose), chi da “péleiades” (“colombe”: in una versione del mito le fanciulle del mito furono trasformate da Zeus in colombe per farle volare in cielo).

L’idea di moltitudine ispirato dalle Pleiadi si ritrova in diverse culture, in diversi modi. Per gli arabi ad esempio le Pleiadi sono “Al-Thuraya”, la “folla”.

Aztechi

Per gli Aztechi le Pleiadi erano “Tianquiztli, letteralmente “posto in cui ci si raduna”: il “mercato”, in sostanza. Ancora oggi in Messico il mercato settimanale all’aperto rappresenta un appuntamento sentito e irrinunciabile.
Gli Aztechi osservavano con attenzione il moto delle Pleiadi in cielo, che segnavano un ciclo di 52 anni.
Ad ogni inizio ciclo, quando le Pleiadi passavano a mezzanotte allo zenit (dritte sulle teste degli Aztechi), si compiva il rituale della Danza del Fuoco Nuovo. A mezzanotte si offriva un sacrifico umano e si attendeva. Un nuovo sole sorto all’alba avrebbe indicato che i sacrifici fatti nel ciclo appena concluso erano stati sufficienti a placare gli dei. In tal caso si festeggiava danzando. E il ciclo ripartiva.

Costellazioni azteche. Le Pleiadi sono quelle in alto a sinistra.
L’immagine è tratta dal libro “Moctezuma’s Mexico”, di David Carrasco ed Eduardo Matos Moctezuma, University Press of Colorado, 1992, presa dal sito Windows2Universe.
Maya

Un’altra leggenda Maya, stavolta del periodo classico, narra dell’arrogante gigante Zipacna. Un giorno, mentre si godeva un riposino in spiaggia, venne disturbato dai 400 ragazzi (probabilmente divinità minori dell’alcol).

Questi avevano segato un grande albero da usare come perno principale di una tenda che volevano costruire, ma erano troppo deboli per trascinarlo e piantarlo. Zipacna si offrì di farlo al posto loro, non tanto per bontà ma per sottolineare la sua forza e farsi beffe dei ragazzi.
Invece di ringraziare l’arrogante gigante che li aveva aiutati, sebbene brusco nei modi e nelle intenzioni, i 400 decisero che nessuno al mondo doveva essere così forte e che Zipacna andava ucciso.

Sì, lo so, i miti sono random. È per questo che li adoro.

Provarono ad ingannare Zipacna, chiedendo ancora il suo aiuto per scavare il fosso dove piantare l’albero, ma il gigante aveva intuìto le loro intenzioni. Scavò un riparo laterale, fece finta di essere schiacciato dall’albero piantato dai 400 e aspettò. Questi finirono di costruire la loro capanna, si ubriacarono festeggiando e poi si addormentarono esausti. A quel punto il gigante schizzò fuori dal buco in cui si era rintanato con tutta la sua potenza e scaraventò lontano i 400 ragazzi che finirono in cielo a formare l’ammasso delle Pleiadi.

Punto fermo nel calendario

Come anticipato sopra, le Pleiadi sono un oggetto celeste di notevole interesse. Sono ben visibili, vicine all’eclittica, il percorso apparente del sole in cielo. Invernali nell’emisfero nord della Terra ed estive nell’emisfero sud. Hanno levata e tramonto eliaci (cioè il primo giorno dell’anno in cui si vedono sorgere poco prima del sole e tramontare poco dopo, rispettivamente) in periodi dell’anno che potevano essere indicativi del tempo della semina o di quello della raccolta, a seconda del luogo geografico

Maori

Molte culture basavano l’inizio del proprio calendario, o comunque di uno dei cicli con cui misuravano il tempo, proprio sui moti delle Pleiadi, come i già citati Aztechi. Ma anche i Maori della Nuova Zelanda fanno cominciare il proprio anno dalla levata eliaca delle Pleiadi. Si chiamano Matariki sia le Pleiadi, sia la stagione che comincia col loro sorgere poco prima del sole, sia le celebrazioni ad esse dedicate, che sin da tempi antichissimi erano rituali per richiamare il favore del dio della semina e del raccolto.

Matariki è anche il nome della stella centrale dell’ammasso, quella che per noi è Alcyone.

Un confronto tra i nomi maori delle Matariki e quelli classici delle Pleiadi. (Scusami se l’immagine è speculare: prima o poi ne faccio una nello stesso verso, promesso!)
Foto 1: Nasa. Foto 2: HeNRyKus. Via Wikimedia Commons.
Hawaiani

Simile filosofia ha la festa degli antichi Hawaiani, Makahiki, in onore del dio Lono che veniva ogni inizio anno a fertilizzare la terra. La stagione inaugurata da questa festa partiva con la prima luna crescente dopo la levata eliaca, Makaliʻi hiki, delle Pleiadi, Makaliʻi.

Andini

Diverse culture Andine associano alle Pleiadi il concetto di abbondanza, perché queste tornano visibili in cielo, nell’emisfero sud, al tempo della raccolta.

Ad esempio per i Quechua, che abitano le Ande centrali tra Perù, Bolivia ed Ecuador, le Pleiadi sono Collca (o Qullqa), il “magazzino”.

Chiocce e pulcini

Attraverso tutta l’Europa, ribalza di cultura in cultura l’identificazione delle Pleiadi con sette galline o galli, o sette pulcini, o una chioccia con i suoi sei pulcini. Ricordiamo “La Chioccetta” che “per l’aia azzurra / va col suo pigolìo di stelle.” di Giovanni Pascoli, già citata nell’articolo sulle Pleiadi nella mitologia greca.

Anche i Vichinghi ci vedevano delle galline. Le galline di Freia per la precisione, dea della bellezza, dell’amore e della fertilità della stirpe dei Vani nella mitologia norrena.

E, a proposito di galline celesti e mitologiche, ho trovato una bella storia, che ti racconto.

Thailandesi

Le thailandesi Dao Luk Kai erano le stelle-gallina.

Leggenda vuole che vivesse nella foresta una vecchia coppia, povera, che allevava una gallina coi suoi sei (o sette) pulcini. Un giorno passò di lì un monaco, in viaggio alla ricerca dell’illuminazione sulla strada del Buddha.

La vecchia coppia voleva accoglierlo con tutti gli onori del caso, ma non era sicura di avere i mezzi per farlo. Marito e moglie si stavano dicendo che era forse il caso di ammazzare la gallina e cucinarla per offrirla al monaco. La gallina, che aveva ascoltato tutto, andò dai suoi pulcini a salutarli.
Si raccomandò di stare tranquilli perché quella era solo una buona occasione per ringraziare la vecchia coppia per le cure avute fino a quel momento. I pulcini però erano devastati dal dolore, e, non appena la madre chioccia cominciò a bruciare sulle fiamme, anche loro si gettarono nel fuoco non potendo sopportare di vivere senza di lei.

Gli dei, impietositi dall’amore dei pulcini per la loro madre, li resero immortali e li collocarono insieme nel cielo, per sempre, a formare l’ammasso delle Pleiadi.

Come al solito, ho scritto troppo. Avevo trovato qualche altro riferimento alle Pleiadi oltre la Grecia, ma mi fermo qui.

Ci tengo solo a fare una menzione onorevole, per chiudere il cerchio e tirare le somme.

Le Pleiadi, ben visibili nelle notti di inverno o estate a seconda del fatto che siamo nell’emisfero nord o sud, hanno una grande importanza. Pratica, si possono prendere a riferimento per segnare il tempo di semina o raccolta o caccia o navigazione. Ma anche simbolica: dopotutto cos’è una storia mitologica se non il tentativo di spiegare col cielo ciò che accade sulla terra?

Proprio per questo, il prestigio simbolico delle Pleiadi pare che sia tra i più antichi che la cultura umana abbia generato. Un bell’esempio parrebbe essere la rappresentazione delle Pleiadi sul Disco di Nebra, un manufatto risalente all’Età del Bronzo dalla storia interessantissima. Ti consiglio di seguire il link e leggerla!


Conoscevi già qualcuna delle storie che ti ho raccontato qui? Sono curiosa! Lasciami un commento qua sotto!


Foto in copertina: ammasso aperto delle Pleiadi visto in infrarosso dal telescopio spaziale Spitzer della Nasa.


POTREBBERO INTERESSARTI ANCHE:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.